Ora: io non sto mai lì a fare piagnistei quando muore qualcuno. La morte è privata. “Si nasce, poi si muore. Il resto sono chiacchiere”, dice Altan.
E così, da stamattina mi domando perché mi abbia addolorato tanto la morte di Gigi Proietti. E forse ho capito. Non è solo perché abbiamo perso un attore enorme (Vittorio Gassman e Carmelo Bene, per dare un’idea, lo reputavano tra i pochissimi al loro stesso livello). Ma perché ho la sensazione che se ne stiano andando, uno per uno e irrevocabilmente, tutti i maestri.
Non me la cavo così, lo so: devo spiegare chi sono per me i maestri. Sono persone capaci di spendere l’intera vita per imparare una e una sola cosa ma benissimo, meglio di chiunque, e di diventare perciò autorevoli, esemplari, archetipici.
Adesso mi pare invece che tutti imparino – imparacchino – solo ciò che sia rapidamente spendibile e dia immediata soddisfazione, immediato vantaggio, a sé e – quando va di lusso – magari anche agli altri.
In un epitaffio della Roma imperiale c’era scritto che i giovani non sono più quelli di una volta. Forse, con gli anni, sto diventando incline alla retorica, e inizio anche io a rimpiangere un’età dell’oro piena di virtù, contrapposta al mesto presente.
O forse, davvero, se ne stanno andando, uno per uno e irrevocabilmente, tutti i maestri. E saranno sempre più cazzi di quelli che restano.
E così, da stamattina mi domando perché mi abbia addolorato tanto la morte di Gigi Proietti. E forse ho capito. Non è solo perché abbiamo perso un attore enorme (Vittorio Gassman e Carmelo Bene, per dare un’idea, lo reputavano tra i pochissimi al loro stesso livello). Ma perché ho la sensazione che se ne stiano andando, uno per uno e irrevocabilmente, tutti i maestri.
Non me la cavo così, lo so: devo spiegare chi sono per me i maestri. Sono persone capaci di spendere l’intera vita per imparare una e una sola cosa ma benissimo, meglio di chiunque, e di diventare perciò autorevoli, esemplari, archetipici.
Adesso mi pare invece che tutti imparino – imparacchino – solo ciò che sia rapidamente spendibile e dia immediata soddisfazione, immediato vantaggio, a sé e – quando va di lusso – magari anche agli altri.
In un epitaffio della Roma imperiale c’era scritto che i giovani non sono più quelli di una volta. Forse, con gli anni, sto diventando incline alla retorica, e inizio anche io a rimpiangere un’età dell’oro piena di virtù, contrapposta al mesto presente.
O forse, davvero, se ne stanno andando, uno per uno e irrevocabilmente, tutti i maestri. E saranno sempre più cazzi di quelli che restano.
(pubblicato su Facebook il 2 novembre 2020)