Dubbioso verso le cose nuove (anche se, a ben pensarci, lo sono pure verso le cose vecchie; e a pensarci ancora meglio, lo sono verso le cose in generale), dicevo: dubbioso verso le cose nuove, non avevo mai considerato gli audiolibri. Sino a quando non scopro che in virtù di un certo abbonamento ho la possibilità di scaricarne in gran copia per un mese, di questi audiolibri, e siccome un mese va via svelto e Dante è Dante, ho scaricato la Divina Commedia letta (benissimo) da Ivano Marescotti, e sabato mattina – spolverando casa – ho ascoltato i primi dieci canti dell’Inferno con i miei auricolari, e intanto nel mondo poteva succedere quel che voleva intanto io ero lì, in compagnia della più alta opera mai prodotta dall’ingegno umano, a dar di straccio, e ho pensato al paradosso per cui toccava a una tecnologia recentissima palesarmi la virtù antica della grande poesia, che resiste alla lettura ad alta voce, cioè, non è che le resiste: è fatta proprio per lei, poi mi è venuto in mente che qualcosa di simile deve averlo già scritto Eco in “A passo di gambero”, che non ho letto, e ora non sto qui a fare come Borges che recensiva anche ciò che non leggeva, si rischia di prendere certi svarioni (se non si è Borges) parlando di libri non letti, e non sto nemmeno qui a celebrare gli audiolibri, o lo spolverare, anche se le due cose assieme funzionano ch’è una meraviglia, ma la Divina Commedia, quella sì, ecco, se non l’avete mai letta leggetela, e se l’avete letta rileggetela, ogni tanto, anzi: sempre, credo vada anche bene rileggerla di continuo senza leggere mai altro, non bisogna farsi ossessionare dalla quantità, dalla varietà, dal collezionismo, bisogna al contrario dedicarsi a fondo a un’unica cosa, solo così ci si avvicina al fuoco, fantasticavo spolverando fitto, mentre el s’ergea col petto e con la fronte/com’avesse l’inferno a gran dispitto.
(pubblicato su Facebook il 16 novembre 2020)