E certi altri: “Siano maledette la parsimonia e la civetteria, la presunzione che il lettore possa capire tutto da quel poco che dico!”
Certi altri giorni ancora, invece, lo scrittore libera un canto: “O amate pagine che vi componete come da sole! O amate pagine dove dico quello che ho da dire con assoluta chiarezza, senza nessuna ridondanza, senza nessuna reticenza! O amate pagine necessarie! Perché, però, siete così poche?”
Non hai mai pensato, scrittore, che sia così per ogni cosa della vita? Quante parole, quanti incontri, quanti accadimenti illuminano il mondo, tra tutte le parole, gli incontri e gli accadimenti che invece aggiungono buio al buio? Ma non per questo si smette di dire, incontrare, fare. È la vita umana: un enorme dispendio di energie per trattenere un filo di luce.
Allora, scrittore, anziché alterarti tanto, forse dovresti farti una sola, semplice domanda: voglio o non voglio una vita umana?
(pubblicato su Squadernauti il 6 dicembre 2016. Illustrazione originale di G. C. Cuevas)