C’è chi illustra i dettagli dell’ultimo viaggio, mostra le fotografie con lo smartphone, le ingrandisce, spiega, sciorina aneddoti; il solito malinconico si versa un bicchiere di vino e accenna, fingendo di non volerne parlare, all’ultima relazione finita male; la donna ancora piacente concede e non concede; quello celebre per le conquiste amorose si insinua in ogni spiraglio offertogli; uno sovrappeso racconta barzellette. Eccetera.
E Paolo dov’è?
Paolo non è venuto. Ha preferito rimanere a casa.
Con la stessa ferocia con la quale sino a un attimo prima ciascuno parlava, spiattellava motivi e modi della propria esistenza, adesso tutti vogliono esprimere un giudizio sull’assenza di Paolo.
Al dolce si arriva a convenire che Paolo ha sempre mostrato un insopportabile senso di superiorità.
– Anche quando è con noi, – dice qualcuno, – si vede che c’è e non c’è, che in fondo non gli interessa frequentarci.
Se solo gli amici sapessero che non è affatto senso di superiorità, quello di Paolo.
Sottraendosi alla violenza delle relazioni, a quella giostra senza vincitori che è il dialogo, Paolo è l’unico a volere davvero e ugualmente bene a tutti, a volere davvero e ugualmente il bene di tutti.
Paolo è il solo ad aver capito che l’assenza non è la più vile delle scelte (vile è semmai arrogarsi il diritto di selezionare e preferire), bensì l’unica scelta senza scampo.
La vera scrittura è senza scampo. La vera scrittura dice l’assenza.
(pubblicato su Squadernauti il 31 marzo 2015)